Passaggio a perdite dei crediti

Nel corso della vita di qualsiasi impresa può succedere di ritrovarsi con un bilancio legato a perdite dei crediti impossibili da recuperare, i cosiddetti crediti inesigibili

Le cause possono essere tra le più svariate. Potrebbe succedere per esempio che a seguito di una fornitura di beni o prestazioni di servizio – anche in assenza di contestazione – l’utente che riceva la fattura non si premuri di pagare il corrispettivo economico per il servizio/bene ricevuto, giungendo in alcuni casi a qualificarsi come debitore irreperibile.

Di fronte a tali presupposti, è consentito portare i crediti a perdita, stralciando il credito dal bilancio aziendale.

Nell’ambito di questo approfondimento vogliamo analizzare l’importanza in seno alla svalutazione crediti dal proprio bilancio – passando ai crediti inesigibili – attraverso l’appello alla normativa vigente in materia. Inoltre, andremo anche ad approfondire nel dettaglio la natura di vari fattori in presenza dei quali è plausibile poter iscrivere sotto la categoria di perdite dei crediti tutti quei crediti detti inesigibili.

perdite dei crediti

Perdite dei crediti: il passaggio a crediti inesigibili

La normativa giuridico-fiscale relativa al passaggio a perdite dei crediti, si carica di assoluta importanza nel contesto precipuo legato alla stesura e redazione del bilancio d’esercizio delle aziende.

Si evidenzia infatti che stando all’art. 2423, II comma, c.c. “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio“.

Di conseguenza, considerata la necessità di redigere un bilancio che si configuri quanto più possibile realistico e corretto, risulta fondamentale stralciare dalla struttura attiva dello stato patrimoniale tutti quei crediti diventati inesigibili, o comunque considerare un fondo svalutazione crediti.

Tale azione è necessaria non solo per quanto concerne l’obbligo di trasparenza rispetto a soggetti terzi, ma anche e soprattutto rispetto alla stessa società.

Un bilancio pertinente consente agli amministratori societari di godere di un quadro chiaro e puntuale in merito alla situazione patrimoniale della società, riuscendo così a valutare in maniera efficace l’eventuale possibilità di battezzare futuri investimenti che risultino bilanciati e calibrati sull’effettivo potenziale economico e finanziario della società.

Perdite dei crediti e normativa

Appare necessario chiarire subito che i presupposti oggettivi che permettono di passare un credito a perdite poggiano sulla certezza definitiva in merito alla perdita irreversibile del credito in questione. Il credito andrà considerato quindi non soltanto certo e appurato rispetto al suo ammontare esatto, ma anche – e soprattutto – irrecuperabile per sempre. Questo naturalmente comporterà l’impossibilità assoluta, lato creditore, di poter riappropriarsi della somma del debito (cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 39 del 10.05.2002).

Questa premessa è ben esplicitata dall’art. 101, comma V, TUIR, modificato dall’art. 33, comma 5, del D.L. 22.06.2012 n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 07.08.2012 n. 134, il quale prevede che “Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti, diverse da quelle deducibili ai sensi del comma 3 dell’articolo 106, sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o, per le procedure estere equivalenti, dalla data di ammissione ovvero, per i predetti piani attestati, dalla data di iscrizione nel registro delle imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all’articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili”.

Passaggio a perdite dei crediti

Quali sono esattamente i fattori in virtù dei quali è consentito passare un credito a perdite?

Risulta possibile dichiarare perdite dei crediti:

  1. in concomitanza di elementi precisi e appurati, i quali comunque devono essere configurabili come sussistenti in casi di:
    crediti di modesta entità scaduti da più di 6 mesi
    crediti cancellati dal bilancio
    crediti prescritti
    nel caso in cui il debitore sia stato assoggettato ad una procedura concorsuale

Elementi certi e precisi

L’art. 101, comma V, del TUIR, all’inizio fa riferimento ad “elementi certi e precisi”, quali note fondamentali alla base degli elementi di deducibilità della perdita, ma poi non specifica oltre né argomenta nel dettaglio.

Se questa genericità – in condizioni di certezza – implica l’obbligo di eque valutazioni in dipendenza dei singoli casi, dall’altro l’Agenzia delle Entrate, tramite Circolare n. 26/E del 01.08.2013, diffusa sulla base della prassi e della giurisprudenza formulata in precedenza sull’argomento, ha avanzato delle linee guida rispetto all’identificazione di queste condizioni, facendo un distinguo tra le perdite rintracciate ed appurate a seguito di un processo valutativo interno e le perdite configuratesi in coda ad un atto realizzativo del credito.

Perdite dei crediti derivabili da un processo valutativo interno

La perdita definitiva del credito potrà essere confermata internamente dalla stessa azienda creditrice, nel caso in cui il debitore vessi in una situazione di insolvenza perdurante e protratta nel tempo, la quale induca ad escludere la possibilità di poter recuperare la somma riferibile al credito.

Un tale quadro sarà senza dubbio appurato nell’ambito delle ipotesi che elencheremo sotto:

  1. nel caso in cui ci si trovi in presenza di un decreto che confermi lo stato di latitanza, fuga o irreperibilità del debitore, ergo nell’eventualità di casi di denuncia – in seno al debitore – di furto d’identità ai sensi dell’art. 494 c.p. oppure nell’ipotesi di assenza protratta del debitore ai sensi dell’art. 49 c.c.
  2. nel caso in cui si ottenga un documento che attesti l’esito negativo in merito ad azioni esecutive praticate dal creditore (ad esempio il verbale di pignoramento mobiliare negativo), premesso che l’inefficacia dell’azione evidenzi un grave ed inequivocabile quadro economico patrimoniale del debitore.
  3. nel caso in cui si riceva la lettera di un legale dedito alla riscossione del credito che confermi l’impossibilità di reiterare nell’azione di recupero (cfr Cass. n. 3862 del 16.03.2001) oppure, ancora, la relazione negativa emessa da un’agenzia di recupero crediti di cui all’art. 115 del TULPS, la quale attesti l’inefficacia dell’azione di recupero.

Le perdite dei crediti derivati da un atto realizzativo

Bisogna subito sottolineare che anche nel caso di atti realizzativi del credito – cioè di contesti implicanti la realizzazione o l’estinzione del credito – l’impossibilità definitiva di poter recuperare la perdita dovrà essere analizzata in dipendenza dei singoli casi e comunque dovrà trovare un valido supporto tramite documentazione idonea, capace di attestare l’inesigibilità del credito in maniera definitiva.

Stando a quanto dichiarato dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 26/E del 01.08.2013, tali atti realizzativi equivalgono a:

  1. la cessione del credito, nel caso in cui questa venga effettuata a favore di una banca o di un altro soggetto intermediario finanziario vigilato che risulti indipendente (ai sensi dell’art. 2359 c.c.) rispetto al soggetto cedente ed al soggetto ceduto
  2. la transazione con il debitore, nel caso in cui il creditore ed il debitore non facciano parte dello stesso gruppo societario e nella transazione venga dettagliata la difficoltà finanziaria del debitore
  3. l’atto di rinuncia del credito. Per evitare che l’atto unilaterale di rinuncia possa risultare quale azione di liberalità all’indirizzo del debitore, risulta obbligatorio che lo stesso debitore si manifesti non solo inerente rispetto all’attività d’impresa, ma posto in essere alla luce dell’inconsistenza patrimoniale dello stesso o comunque rientrante nelle condizioni di antieconomicità in merito a qualsivoglia azione esecutiva promossa a suo discapito (cfr Cass. n. 11329 del 29.08.2001).

Crediti di modesta entità scaduti da più di 6 mesi

Ai sensi dell’art. 101, comma V, del TUIR, gli elementi certi e precisi idonei a far presupporre la deducibilità della perdita si realizzano “quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (…) e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese”.
Nello specifico, per indentificare la dimensione peculiare dell’azienda, la norma fa riferimento all’art. 27, comma X, del DL 29.11.2008 n. 185, convertito con modificazioni in Legge 28.01.2009 n. 2, in base a cui “si considerano imprese di più rilevante dimensione quelle che conseguono un volume d’affari o ricavi non inferiore a trecento milioni di euro. Tale importo è gradualmente diminuito fino a cento milioni di euro entro il 31 dicembre 2011”.

Crediti prescritti

In riferimento ancora allo stesso art. 101, comma V, del TUIR, gli elementi certi e precisi atti a far supporre la deducibilità della perdita “sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto”.
Ai sensi dell’art. 2934 c.c. “ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge”. Oltre al termine di prescrizione ordinario (fissato in 10 anni ex art. 2946 c.c.) sono contemplati termini più brevi rispetto a determinati rapporti che interessano l’impresa.

Procedure concorsuali e accordi di ristrutturazione

Facendo nuovamente riferimento all’art. 101, comma V, del TUIR “le perdite su crediti sono deducibili (…) se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182 – bis del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”.
In relazione a tale normativa, quindi, è ammessa l’automatica deducibilità della perdita dei crediti nel caso in cui il debitore sia subordinato a:


1. un accordo di ristrutturazione
2. liquidazione coatta amministrativa
3. fallimento
4. concordato preventivo
5. amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.


E nel contesto specifico – come ben dettagliato dall’Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 16/E del 23.01.2009 – la deducibilità delle perdite dei crediti in relazione alla presenza di una delle procedure elencate sopra, poggia sull’assunto che lo status di insolvenza del debitore è già stato confermato e dichiarato dall’organo giudiziale della specifica procedura, e che quindi risulterebbero del tutto inutili indagini ulteriori e prove in merito.

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