I mutui a tasso variabile

Sempre al primo posto nell’ambito della lista dei mutui più apprezzati e privilegiati dagli utenti delle banche, i mutui a tasso variabile rappresentano spesso per molti l’unica alternativa davvero valida per poter acquistare una casa

Ad un concreto indice di rischio – derivato appunto dalla variabilità dei tassi – fa comunque da eco l’opportunità di poter usufruire di tempistiche più lunghe rispetto al tasso fisso, con rate molto spesso decisamente più basse in un’ottica di somma capitale richiesta.

Ciò rappresenta senz’altro un grande vantaggio, sia per quanto riguarda il pagamento delle varie rate, che rispetto alla possibilità di avere a disposizione un capitale maggiore.

Sono diverse ad oggi le alternative di mutui a tasso variabile tradizionali, che nel corso degli anni sono andate ad integrarsi alle varie opzioni finanziarie disponibili sul tema. Iniziamo subito ad esaminarne alcune nel dettaglio.

Mutui a tasso variabile puro

Nell’immaginario collettivo, quando pensiamo ad un mutuo a tasso variabile molti di noi probabilmente si rifanno ad un contesto specifico e peculiare, molto simile al gioco d’azzardo.

Bisogna subito dire che la stessa definizione etimologica non lascia spazio ad equivoci: la rata di questo tipo di mutuo è subordinata all’oscillazione dei tassi di interesse in dipendenza della loro revisione – operata dalla banca – in relazione ai periodi previsti dalla forma contrattualistica sottoscritta.

Questa revisione viene eseguita ogni volta che l’indice di riferimento per il calcolo del tasso di interesse sul mutuo variabile – Euribor – subisce una variazione. Questa variazione verrà quindi contabilizzata in dipendenza della periodicità scelta dalla banca; periodicità che di solito può avvenire ogni mese, ogni trimestre, semestre, oppure – anche se è raro – ogni 12 mesi.

Una piccola parentesi sull’Euribor: si tratta dell’indice che riflette il tasso medio utilizzato dalle Banche Europee per le transazioni finanziarie. Questo viene rilevato e aggiornato su base quotidiana ed è considerato assolutamente affidabile in quanto impiegato dalle stesse banche per l’acquisto di denaro. La sua durata combacia con le tempistiche entro cui la banca è tenuta a restituire il denaro; se queste fossero per esempio dopo una settimana, allora si prenderà in considerazione l’Euribor a 1 settimana, se fossero dopo tre mesi allora si chiama in causa l’Euribor a tre mesi e così via.

Le banche decidono in maniera autonoma, in dipendenza delle singole esigenze, a quale tipo di durata dell’Euribor allacciare le rate dei mutui dei loro utenti. Come già visto sopra, le durate più frequenti sono quelle ad 1 mese, a 3 mesi, a 6 mesi e in alcuni casi rari a 12 mesi. La variabilità dell’indice in seno all’Euribor è cadenzata dal suo stretto legame con l’economia reale dell’Eurozona e con il relativo andamento di quest’ultima. Questo tipo di variabilità determina le oscillazioni rispetto alla nostra rata di mutuo a tasso variabile, in relazione alle date di revisione stabilite nel contratto sottoscritto.

Un esempio su tutti per dare un’idea del tipo di parametri presi in considerazione: all’aumentare del nostro tasso dell’ 1%, ci ritroveremo a pagare una rata più alta di circa 5 euro per ogni 10.000 euro di capitale residuo.

Rispetto al passato – dove spesso regnavano dinamiche di tassi totalmente fuori controllo e profondamente volatili – con l’introduzione della moneta unica e di indici comunitari, l’aspettativa legata ai tassi è sicuramente determinata da una stabilità maggiore e molto più solida. Ciò non assicura naturalmente un riparo garantito in relazione ad eventuali picchi di valori degli indici – causati di norma da specifici eventi di natura socio-economica – ma possiamo dire che questi generalmente tendono comunque ad annullarsi nel lungo periodo.

L’importante è detenere quella capacità finanziaria e psicologica atta a sopportare tali momenti.

Nota bene: in relazione a quanto detto, il mutuo a tasso variabile puro potrebbe risultare non del tutto adatto a chi mal sopporta la pressione psicologica legata all’oscillazione dei tassi. Ad ogni modo però, per lunghe durate ed importi di mutuo contenuti, questa tipologia di mutuo variabile può rappresentare una valida soluzione.

mutui a tasso variabile

Mutui a tasso variabile con opzione

I mutui a tasso variabile con opzione rappresentano senza dubbio alcuni tra i prodotti finanziari di maggiore successo. Questi mutui riflettono infatti una valida alternativa, soprattutto se ci si trova a navigare in momenti e periodi di concrete difficoltà finanziarie.

La forma contrattuale di un mutuo a tasso variabile con opzione implica – lato mutuatario – l’opportunità di passare dal tasso variabile al tasso fisso, entro periodi prestabiliti nel corso di tutto il piano di ammortamento del mutuo.

Questi mutui possono quindi cambiare nome, permettendo il passaggio al tasso fisso in momenti differenti. Alcune banche consentono questo passaggio in qualsiasi momento senza vincoli temporali, altre in periodi stabiliti durante il corso dell’anno, altre ancora dopo che siano trascorsi dei mesi o a scadenza annuale.

Tale opzione prevede il passaggio al tasso fisso e il mantenimento di quest’ultimo per una durata specifica, da dover dichiarare al momento stesso del passaggio. Generalmente, è possibile mantenere un tasso fisso per 2, 3, 5, o anche 10 anni. È inoltre possibile mantenere il tasso fisso fino alla fine del mutuo.

In dipendenza della natura maggiormente elaborata di questo prodotto finanziario, è bene prestare particolare attenzione circa la dinamica dei tassi, dal momento che il grande vantaggio del passaggio al tasso fisso non è solo quello di stabilizzare la rata in relazione ad un certo periodo – scosso magari da agitazioni e turbolenze economiche – ma soprattutto quello di avvalersi del fatto che l’indice impiegato per il tasso fisso sarà sempre l’Irs del periodo corrispondente.

Ma cos’è l’Irs? Quando si parla dell’indice Irs, ci si riferisce ad una modalità peculiare e ben precisa, tramite la quale le banche si tutelano dall’oscillazione dei tassi, nel momento in cui prestano il denaro ad un tasso di interesse fisso per tutta la durata del piano stabilito dal contratto.

Quando la banca emette un mutuo, deve cercare e comprare il denaro sul mercato – ossia da altre banche – e pagare quel denaro ad un certo tasso di interesse. Nel momento in cui “vende” questo denaro all’utente attraverso il mutuo, e l’utente lo restituisce poi al tasso fissato sul contratto, nell’eventualità di aumenti dei tassi sarà la banca a rimetterci.

D’altro canto, ci possono essere banche o altri attori economici disposti ad assumersi questo rischio; rischio che la banca dell’utente X cede loro per mezzo di contratti, chiamati appunto Swap (scambio).

L’Irs quindi non è altro che il tasso entro cui vengono pattuiti questi contratti.

Similmente al caso dell’Euribor, la durata dell’Irs corrisponde alla durata stessa del finanziamento. Rispetto ad un mutuo a tasso fisso della durata esemplificativa di 20 anni, si impiegherà appunto l’Irs dei 20 anni e così via.

È obbligatorio chiarire il fatto che alla scelta relativa al passaggio al tasso fisso, corrisponderà sempre il tasso fisso vigente nel momento di suddetto passaggio; di conseguenza, nell’eventualità il tasso risultasse competitivo in quel preciso periodo, non è da escludersi che questo possa ancora aumentare successivamente.

È anche necessario ricordarsi tutte le date utili per i passaggi di stato, in quanto di solito le banche non inoltrano alcun tipo di notifica, e di base la comunicazione della scelta va espletata 60 giorni prima della scadenza del periodo precedente, a mezzo lettera raccomandata. Nel caso di mancata comunicazione, il mutuo torna automaticamente al tasso variabile.

Mutui a tasso variabile e rata costante

Si tratta di mutui a tasso variabile, ma con la peculiarità di una rata fissata per contratto all’inizio e che resterà uguale per tutta la durata del mutuo. Rispetto a quanto detto finora sui piani di ammortamento analizzati sopra, se il tasso è variabile ma la rata no, ciò che deve cambiare per far tornare i conti sono le tempistiche.

Gli aumenti o le riduzioni dei tassi di interesse prevedono ovviamente accorciamenti o prolungamenti della durata complessiva del mutuo. Si tratta di mutui delicati, che solo negli ultimi anni hanno goduto di un solido miglioramento circa la loro impalcatura strutturale.

Il punto debole di questa tipologia di mutui è proprio il rischio legato all’eventualità di aumento dei tassi; in questi casi, l’allungamento della durata del mutuo può assumere tempistiche significative, che spesso vanno perfino a scontrarsi e cozzare con la durata massima prevista dagli stessi contratti in base all’età dei soggetti mutuatari.

Ma di quanto può aumentare il mutuo a livello tempistico? In media, di un 30/35% rispetto alla durata originaria. Per alcune banche si può arrivare fino ad un massimo di 35 anni, mentre per altre la durata massima si relaziona alla durata iniziale ed è già stabilita da contratto.

Cosa accade qualora la durata massima non risulta sufficiente per l’estinzione del mutuo? Di solito, si procede con la sottoscrizione di un assegno relativo alla differenza ancora da estinguere, o in alternativa si può rifinanziare la somma da versare.

In precedenza, in contesti periodici esposti a seri picchi in seno alla variabilità dei tassi, i mutui a tasso variabile con rata costante hanno generato parecchi problemi all’utenza degli istituti di credito, inducendo alcune banche ad arrivare al punto di togliere questi mutui dal proprio listino, o in alternativa a regolamentarne l’età all’ingresso e la durata massima possibile.

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