TAEG: Irregolarità ed omissione. 2 Info pratiche

L’errata indicazione del TAEG nel contratto di rappresentanza

La natura e la funzione del TAEG

Il Tasso annuo effettivo globale (TAEG), corrisponde all’indicatore di tasso di interesse in seno ad ogni operazione di finanziamento ed è stato introdotto dalla direttiva europea 90/88/CEE.

Con la successiva Deliberazione del CICR (n. 10688 del 4/03/2003, art. 9 comma 2) si è delegato alla Banca d’Italia il compito di intercettare quali siano tutte quelle operazioni e quei servizi a fronte dei quali il suddetto indice e/o tasso, “comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente”, debba essere segnalato, ergo la formula diretta per rilevarlo.


L’art. 121 T.U.B. definisce il TAEG quale “tasso annuo effettivo globale” o “TAEG” ad indicare appunto “il costo totale del credito per il consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito. 2.Nel costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte. 3.La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, stabilisce le modalità di calcolo del TAEG, ivi inclusa la specificazione dei casi in cui i costi di cui al comma 2 sono compresi nel costo totale del credito…”


In conseguenza delle nuove disposizioni della Banca d’Italia in merito ai principi di trasparenza, in adempimento della direttiva europea EU 2008/48/CE, dal 1º giugno 2011, il calcolo del TAEG implica – diversamente a quanto previsto per il TEG – anche gli oneri fiscali (un esempio su tutti, l’imposta di bollo sui contratti).

L’Indicatore Sintetico di Costo – I.S.C.

La sigla I.S.C. rappresenta, in concreto, lo stesso tasso del TAEG. Tale contenuto etimologico, ha assunto significato formale pieno nel 2003, tramite una delibera del CICR, la quale ha appunto dettagliato che l’ISC corrisponde al “calcolato conformemente alla disciplina sul tasso annuo effettivo globale (TAEG)”.
In altre parole, è stato confermato legalmente che quando si dice ISC è come dire TAEG;

Di conseguenza, all’interno dell’ISC andranno ricalibrate ed incluse tutte le spese specificate per il TAEG.
In generale, si ritiene che il TAEG si riferisca ad aperture di credito, anticipazioni bancarie, muti e altri finanziamenti (incluso il credito al consumo), mentre l’ISC sia dedicato alle sole aperture di conto corrente.

Natura e funzione del TAEG / ISC

In relazione a quanto appurato sopra, il TAEG/ISC corrisponde al tool principe in seno alla necessità di trasparenza nei contratti di credito al consumo (non a caso questo è regolato nel Titolo VI, Capo II del TUB, intitolato “Credito al consumo”) ed indica, secondo dinamiche percentuali in relazione al capitale erogato, il costo totale effettivo del credito a carico del consumatore.

Il TAEG/ISC dovrà pertanto essere incluso in forma obbligatoria all’interno della pubblicità, nell’ambito degli uffici commerciali dell’intermediario e all’interno della documentazione a disposizione del consumatore, prima della conclusione del contratto, in quanto il TAEG/ISC detiene, tra gli altri, la priorità di fornire al consumatore tutte quelle informazioni attendibili e coerenti circa il costo effettivo del credito, in corrispondenza alle offerte differenti presenti sul mercato, permettendo immediatamente al consumatore di comparare la convenienza e l’efficacia in relazione alle diverse offerte di credito.

Il TAEG implica quindi, oneri differenti ed aggiuntivi rispetto al semplice tasso di interesse (il cosiddetto T.A.N – Tasso Annuo Nominale). A quali oneri ci si riferisce? Ad esempio, alle spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate, qualora queste siano stabilite dal creditore, al costo dell’attività di mediazione svolta da un terzo (se urge per l’ottenimento del credito), alle commissioni, alle imposte, ai costi inerenti i servizi accessori connessi, in forma obbligatoria e nel caso in cui il finanziatore ne sia al corrente, ai costi di gestione del conto su cui quest’ultime vengono scritturate e ai costi relativi alle operazioni di pagamento.

Non saranno invece incluse nel TAEG tutte quelle spese relative ad un eventuale inadempimento nonché gli interessi di mora, le spese circa il trasferimento dei fondi, le spese per assicurazioni o garanzie, ad eccezione di quelle che – determinate dal creditore – sono legate ad eventi specifici e particolari della vita del consumatore, come morte, invalidità e disoccupazione; anche da questo punto di vista va evidenziato come il TAEG si differenzi dal TEG (ossia l’indicatore di riferimento per quanto riguardo l’eventuale usurarietà del prodotto finanziario).

TAEG

Il calcolo del TAEG

Il calcolo del TAEG pretende, quindi, che ci sia una chiara e precisa conoscenza di tutti i fattori che ne determineranno il risultato effettivo, tra i quali, in primis, l’entità del finanziamento e/o le tempistiche relative alla restituzione dello stesso.

Recenti ammonizioni da parte della giurisprudenza di merito ed arbitrale (ABF – Arbitro Bancario Finanziario), si sono dimostrate solerti nel sanzionare con la declaratoria di invalidità del contratto bancario, tutti quegli istituti di credito e società di leasing , responsabili di aver applicato ai rapporti, condizioni e clausole diverse rispetto a quelle pubblicizzate, se non addirittura espressamente indicate all’interno del testo contrattuale, o ancora omettenti l’indicazione in contratto di contenuti obbligatori, dichiaratamente espressi dalla legge al fine di garantire al cliente la totale trasparenza e la piena conoscenza della forma contrattuale sottoscritta.

L’informazione, d’altra parte, risulta necessaria per identificare con esattezza le richieste della banca nei confronti del cliente, in modo tale che quest’ultimo possa ragionare ed orientare le proprie scelte in maniera cosciente e profondamente consapevole
Appare strettamente legata all’esigenza “sociale” la definizione che taluno ha dato della trasparenza, ossia “termine trasparenza è un modo riassuntivo di esprimere il concetto di informazione completa e adeguata”.

Basandosi sui principi generali dell’art. 1374 c.c., ovvero buona fede e correttezza della condotta, si deduce l’obbligo di informazione quale “obbligo accessorio” al rapporto contrattuale e alla sua relativa integrazione.
Come ha ben dettagliato la Corte di Cassazione con sentenza n. 12093 del 27.09.2001, tra i doveri generali di buona fede, viene incluso anche quello di consegnare al cliente la documentazione inerente il rapporto concluso, dovere che gode di una propria corrispondenza giuridica, all’interno degli artt. 1374, 1375 e 119 TUB, i quali stabiliscono un vero e proprio diritto soggettivo del cliente a farsi consegnare suddetta documentazione.

La violazione della normativa – Errata o omessa indicazione del TAEG

Nell’eventualità in cui il TAEG effettivo non risulti conforme a quello dichiarato all’interno del contratto, l’art. 125- bis, comma 6 del T.U.B., prevede che:

“Sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall’articolo 124. La nullità della clausola non comporta la nullità del contratto.”

Ciò implica la nullità della clausola in seno alla determinazione del tasso d’interesse e la sua sostituzione di diritto con quanto previsto all’interno del comma 7 dello stesso articolo:

“Nei casi di assenza o di nullità delle relative clausole contrattuali: a) il TAEG equivale al tasso nominale minimo dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto. Nessuna altra somma è dovuta dal consumatore a titolo di tassi di interesse, commissioni o altre spese”.

Un’importante dichiarazione giuridica, in relazione alle conseguenze della mancata o errata indicazione del sopra citato indice, è stata diffusa dal Tribunale di Cagliari (sentenza del 26 giugno 2019, n. 1455).
Nell’ambito della Sentenza, si dettaglia che l’ISC/TAEG rappresenta un elemento fondamentale e necessario tra tutte le previsioni del contratto, in quanto riassume ed evidenzia il costo complessivo dell’operazione.

Di conseguenza, la mancata indicazione dell’ISC rende il contratto difforme rispetto al modello legale, con conseguente nullità ai sensi dell’art. 117, comma 8, TUB (“i contratti e i titoli difformi sono nulli”).

L’esposizione giuridica presa qui in considerazione, specifica che la nullità del contratto a causa della mancata indicazione dell’ISC, deriva, tra gli altri, anche dalla violazione di una norma imperativa.;

infatti, l’inserimento in contratto del suddetto indice di interesse, non rappresenta solo un obbligo di comportamento lato finanziatore, ma anche un obbligo presidiante interessi pubblici di essenziale importanza e non solo relativi al cliente: la trasparenza delle clausole economiche del contratto, tramite l’ausilio dell’indicazione del costo complessivo dell’operazione, non permette solo al cliente di recepire il quadro e la dinamica complessivi dell’operazione, ma consente anche di comparare le proposte contrattuali presenti sul mercato, in modo da orientare quest’ultimo nella selezione della proposta più conveniente, garantendo così una più ampia ed articolata concorrenza tra gli operatori.

Nel dettaglio, il Tribunale chiarisce che: “Occorre anzitutto evidenziare che l’ISC/TAEG, a norma del paragrafo 9, sezione II delle Istruzioni della Banca d’Italia, deve essere riportato non solo nel documento di sintesi, ma anche nel contratto, avente pertanto natura di contenuto minimo determinato”.

La prevista indicazione dell’ISC/TAEG all’interno del contratto, dettaglia e definisce la differenza di natura e funzione rispetto al documento di sintesi. Mentre il documento di sintesi ha una natura e una funzione espressamente riepilogativa e descrittiva di tutti quegli elementi contenuti nel contratto, l’ISC rappresenta il risultato di una elaborazione matematica da parte dell’istituto finanziatore, in grado di offrire al cliente un elemento informativo essenziale, ossia il costo complessivo dell’operazione.

Questo elemento, quindi, non si caratterizza solo come tool di ausilio alla lettura, in senso formale del contratto, ma offre uno strumento di analisi primario, nel rispetto di prerogative sostanziali, ossia consente al cliente di comprendere ed analizzare l’operazione economica sotto il profilo più concreto e reale del costo della stessa, tramite una sintesi numerica di veloce e facile impatto percettivo.

Da notare bene: parliamo di un dato che non può essere sviluppato dal cliente in forma autonoma, in quanto implicante la conoscenza della disciplina del TAEG, assoggettata al solo istituto finanziatore, unico attore professionalmente in grado di effettuarne il calcolo esatto.

L’omissione dell’indicatore sintetico del costo, diversamente dal documento di sintesi i cui elementi sono palesati da una lettura per esteso del contratto, ostacola il cliente dall’ottenere una conoscenza precisa ed effettiva del costo del finanziamento e di poter quindi effettuare nel pieno delle proprie facoltà consapevoli, una valutazione complessiva e comparativa circa la proposta contrattuale in esame.

L’ISC, quindi, si presenta sotto la fisionomia di un concreto dualismo: questo infatti assurge anche il ruolo di strumento di pubblicità in fase pre-contrattuale.

Rispetto alle conseguenze della mancata e/o errata indicazione, la stessa pronuncia giuridica discussa sopra, dettaglia che “l’ISC è pertanto un elemento del contratto su cui si forma la volontà contrattuale delle parti ed anzi può anche dirsi che si tratti dell’elemento fondamentale tra tutte le previsioni del contratto in quanto indica il costo complessivo dell’operazione. Deve conseguentemente affermarsi che la mancata indicazione dell’ISC rende il contratto difforme dal modello legale con conseguente nullità ai sensi dell’art. 117 c. 8 TUB (“i contratti e i titoli difformi sono nulli”) .”

La sanzione circa una simile inosservanza implica, che debba trovare “applicazione la previsione dell’art. 117 c. comma 7.il quale prevede che <in caso di inosservanza del comma 4 … si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione.

b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l’operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto>

L’errata indicazione del TAEG nel contratto di rappresentanza ergo violazione obblighi di pubblicità e trasparenza da parte della Banca.

Il Tribunale di Milano ha di recente emesso una Sentenza tramite cui ha specificato chiaramente l’importanza di includere nei contratti bancari l’indicatore sintetico di costo ISC/TAEG.

La vertenza oggetto di Sentenza ha riguardato un contratto di mutuo, stipulato dal Cliente X con la banca, a novembre 2018.
Il quadro giuridico ha permesso al Giudice di ribadire – ripristinando la normativa di settore – che l’ISC equivale ad un contenuto obbligatorio del contratto, e che quindi l’erronea o mancata indicazione del TAEG, rappresenta un comportamento illecito da parte dell’intermediario bancario.

Come comportarsi di fronte al TAEG errato?

Il TAEG errato in contratto di rappresenta equivale ad una violazione degli obblighi di pubblicità e di trasparenza alla quale l’intermediario è tenuto ad ottemperare, ai sensi dell’art. 116 del Testo Unico Bancario, così come richiamato all’interno della Delibera CICR 4/3/2003.

Di conseguenza, un difetto tra l’ISC dichiarato da contratto e quello ricalcolato secondo quanto stabilito dalla normativa di settore, può essere additato come oggetto di responsabilità contrattuale da parte della banca in quanto rappresenta un palese inadempimento da parte dell’ente in questione. In questo caso, il cliente può godere del diritto di ottenere il risarcimento del danno subito, causato dall’erronea indicazione circa un parametro contrattuale fondamentale nonché obbligatorio.

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